Dal Trentino al Tirolo passando per il Sudtirolo, il
Tempo del Solstizio d’Inverno significa a livello di dolci tipici lo Zelten. Lo
Zelten viene preparato diversamente a seconda delle zone di appartenenza ed è
fondamentalmente un dolce della tradizione contadina montana. In Tirolo assume
la forma di un panpepato allungato di frutta secca e miele, in Trentino viene
fatto con farina bianca 00 e meno frutta della versione sudtirolese, che invece
è fatta con farina integrale, frutta secca, fichi, noci, mandorle e talvolta
anche liquore. Le varianti sono tantissime come le famiglie dove d’abitudine
viene preparato e che custodiscono ognuna un proprio piccolo segreto per
renderlo unico. Le prime testimonianze documentali di questo dolce appartengono
al 1700, dove in un manoscritto conservato presso la Biblioteca di Rovereto
scopriamo che veniva già prodotto in epoca medioevale, quando probabilmente le
sue origini parlavano di un ancor più antico passato. L’etimologia della parola
Zelten (o celteno) ci riporta al termine ‘Selten’ che in Tedesco significa
‘raramente-talvolta’e che evidenzia come la sua produzione avvenisse solo per le
festività natalizie. Ma leggendo di questo profumatissimo pandolce speziato,
cosa mi hanno colpito, sono state le tante indicazioni che lo legano al Culto
della Dea Madre nella sua manifestazione del freddo e del’inverno. Questo
periodo dell’anno è legato sin da tempi antichissimi a Holda, denominata anche
Hulda, Berchta, Perchta, Frau Holle, Stempa, nomi diversi per la stessa
emanazione sacra. Ma andiamo ad analizzare i simboli di questa prelibatezza.
Oggi lo Zelten viene prodotto sia in forma quadrata o rettangolare che di
cuore, ma la sua forma originaria fu e rimane quella circolare.
Il primo pensiero vedendolo è quello del disco
solare su cui spesso mandorle disposte in un particolar modo sembrano disegnare
raggi che riportano alla memoria un sole splendente o ancora sempre mandorle
disposte a forma di fiore, come a richiamare attraverso il sole il risveglio
della fioritura della natura. La tradizione più autentica vuole che venga
prodotto il 21 di dicembre esattamente in concomitanza con il Solstizio
d’Inverno, giorno oggi dedicato a San Tommaso, per essere consumato
successivamente.
La preparazione avviene con i componenti della
famiglia, uomini e donne, in passato insieme ai dipendenti agricoli tutti,
sebbene la ritualità legata a questo dolce viene eseguita solo dalle donne. Ci
si trova quindi intorno al tavolo della Stube per tagliare a piccoli pezzetti
la frutta secca che costituirà la parte principale del pane, una volta finito
di amalgamare l’impasto le dipendenti agricole, uscivano dalla Stube con le
mani ancora imbrattate per andare ad abbracciare un albero da frutto posto
all’esterno dell’abitazione. In questo gesto vi è chiaramente il ‘sacrificio’
di parte dell’impasto che viene condiviso con gli alberi, quanto il buon
auspicio dell’offerta fatta. Le mani sono ancora piene di un impasto
ricchissimo di frutti, cingendo l’albero è come ripassargli la ricchezza che ha
prodotto, che è stata raccolta e che ora viene impiegata come nutrimento.
L’abbraccio rappresenta così la gratitudine, ma anche la fiducia che quella
ricca produzione torni con la nuova stagione, e quell’albero che ha sfamato ed
attraverso i cui frutti si sta onorando la nascita del Nuovo Sole torni proprio
grazie al Sole ad essere rigoglioso e carico. L’abbraccio diventa scambio,
ricordo, riattivazione delle energie sopite. Sempre in concomitanza con il
Solstizio d’Inverno vi erano tre tradizioni che le giovani ragazze seguivano
per sapere chi le avrebbe sposate nell’anno a venire, la domanda veniva fatta a
San Tommaso, quesito che in tempi pre-cristiani sicuramente era posto alla Dea
Holda/Berchta che era la Divinità preposta anche alla divinazione in questo
periodo dell’anno, la notte del Solstizio infatti, Holda veniva invitata in
casa calandosi dal camino nella speranza che la sua presenza desse indicazioni
sul futuro. Si chiedeva di venire a conoscenza del nome del futuro sposo
estraendo a sorte un bigliettino, uno fra i tanti, su cui erano state
scritte le lettere dell’alfabeto. La lettera estratta sarebbe stata l’iniziale
del nome di colui che il fato aveva messo sulla strada della giovane ragazza.
Altra tradizione tipica era andare a letto mettendo accanto al giaciglio, uno
sgabello di legno. Anche in questo caso veniva chiesto a Dea Holda/San Tommaso
di fare comparire in sogno seduto su quello sgabello l’immagine di colui che si
sarebbe innamorato della fanciulla nell’anno che stava per iniziare. Il terzo
metodo è forse quello che mi ha incuriosita di più in quanto si può definire
alchemico. Le ragazze in cerca del fidanzato, usavano del piombo fuso fatto
colare su acqua per poter dedurre la sagoma del volto del futuro innamorato.
Innanzitutto ho pensato ai colori, il piombo è grigio/argenteo e la neve ed il
ghiaccio sono solo cristalli di acqua e richiamano fortemente i panorami
invernali di questi luoghi, che non sono del resto, di colore bianco/grigio
ghiaccio nel Tempo del Solstizio invernale? Quindi da un punto di vista
cromatico il richiamo a questa stagione è evidente ma c’è di più, a livello
alchemico l’Acqua è associata al Mercurio originale ed alla Luna, evidenziando
un altro chiaro elemento legato al Culto Femminile. Ma ritorniamo alla preparazione
iniziale, una volta data la forma, il pandolce è pronto per il fuoco e la
cottura, e la proprietaria della casa, lo benedice con acqua santa prima di
introdurlo nel forno. La benedizione con acqua santificata insieme alla
fumigazione con erbe raccolte il 15 agosto e l’8 settembre (due date a livello
cattolico legate all’Assunta ed alla nascita di Maria, ma che vanno a
stratificarsi su precedenti feste come ad esempio il 13 agosto legato alla Dea
italica Diana), viene ripetuta tre volte, prima di consumarlo con tutta la
famiglia solo il 6 gennaio : la vigilia di Natale, quella di Capodanno e quella
del Berchtentag - Giorno di Berchta il 6 gennaio appunto. I quattro elementi
sono quindi tutti rappresentati: lo Zelten-Terra, il forno della cottura-
Fuoco, la benedizione–Acqua e la fumigazione-Aria. Ma i quattro Elementi
vengono anche richiamati dal tracciare sempre ad opera della proprietaria della
casa, una croce sullo Zelten stesso, finita la sua produzione. La croce nel
cerchio, il potere delle direzioni e dei relativi elementi richiamato
all’interno del Disco Solare, riporta chiaramente alla croce celtica. Lo Zelten
veniva così conservato nella segale, per mantenerne la freschezza e non farlo
diventare troppo duro. Le forme più piccole venivano regalate ai dipendenti, la
forma più grande era per la famiglia contadina e veniva condivisa intorno al
tavolo della Stube, proprio il giorno successivo alla notte in cui
Berchta-Perchta con il suo passaggio conclude le Dodici Notti Sante segnando il
termine del periodo del Buio, iniziato la notte del 31 ottobre con la
celebrazione di Samhuinn-Samhain, e lasciando così spazio al Tempo che vedrà
piano piano la luce aumentare e che ci condurrà verso Imbolc-Lichtmess-Candelora.
Ancora due curiosità: piccoli dolci di marzapane a
forma di scrofa, talvolta insieme a gruppi di piccoli maialini, si acquistano e
regalano in queste feste che volgono al termine come portafortuna, alcuni
addirittura li collezionano.
Ed
in passato il mercato dei maiali si teneva in concomitanza con il giorno più
breve dell’anno, quello del Solstizio d’Inverno. Sappiamo che i maiali ed in
particolare la scrofa è legata ad una Dea, altra Regina del Tempo del Buio, la
gallese Ceridwen, quindi anche in questo caso possiamo leggere nella scelta di
tenere il mercato dei suini il giorno più corto dell’anno, un chiaro
significato simbolico legato a questo animale. Ma intanto è quasi arrivato il
momento di gustare lo Zelten, il dolce della Dea dei magici giorni del Sostizio
d’Inverno.
Immagini
*1-2-3-4-6
tratte dal Web
*5
tratta dall’archivio personale
Bibliografia
*Lucillo Merci Le più belle leggende dell’Alto Adige, Manfrini Editore 1989
*Abbazia Sant’Agostino Ramsgate Grande Dizionario dei
Santi, Edizioni Piemme 1990 Pag. 754-755
Sitografia
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